È uno dei migliori giocatori della storia del calcio italiano, anche se ha giocato poco a causa delle preoccupazioni della madre.
Ha vinto la Coppa del Mondo nel 1934 e nel 1938, capitanando la ‘squadra azzurra’ in quest’ultima edizione
Per realizzare i sogni, a volte non basta lottare per essi, ma bisogna anche superare gli elementi. È quello che è successo a uno dei miti del calcio italiano, il double champion Coppa del Mondoun aggressore nominato Giuseppe Mezza.
L'”elemento” che poteva porre fine alla sua convocazione era in casa sua, nell’umile quartiere di Porta Vittoria a Milano. ‘Peppino’, orfano – morì combattendo durante la prima guerra mondiale – da quando aveva 7 anni, affidato a sua madre, che non si diverte perché il piccolo è dedito allo sport che pratica per strada, con una palla di pezza.
Si dice che ‘mamma’, nel suo desiderio di persuaderlo, è venuta a nascondere le sue scarpe, ma Giuseppe Meazza ha insistito per giocare anche a piedi nudi. Il premio sta arrivando all’età di 12 anni, quando è entrato a far parte della squadra giovanile del Gloria FC.
La sua bassa statura e la sua pelle sottile hanno inizialmente chiuso le porte del Milan, ma non dall’Inter, che lo ha scelto. Meazza ha giocato 13 stagioni consecutive, compreso il periodo in cui il fascismo costrinse il club a chiamarsi Ambrosiana. Partecipò alla prima edizione della Serie A -stagione 1929-1930- e è stato il capocannoniere di quella campagna.
‘La ballilla’ -come viene chiamato- è un tormentone per le difese avversarie per velocità, talento -grande passante- e fiuto per il gol. Ovviamente, questo non è passato inosservato agli allenatori italiani e è stato un appuntamento fisso della ‘squadra azzurra’ che ha vinto due Mondiali consecutivinel 1934 in patria – quasi ‘costretto’ da Benito Mussolini- e in Francia nel 1938, dove fu capitano.
“Giocare con lui è iniziare la partita 1-0”, ha detto esageratamente l’allenatore, anche lui due volte campione del mondo. Vittorio Pozzo. E Giuseppe Meazza è diventato un mito. morì nel 1979 e un anno dopo, Inter e Milan concordarono che San Siro avrebbe portato il suo nome. Un mito che avrebbe potuto essere liberato dai dubbi di sua madre.