Giovedì la Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato l’Italia per la seconda volta per aver messo in pericolo la salute dei cittadini a causa dell’inquinamento nell’acciaieria Ilva di Taranto.
All’inizio di gennaio 2019, l’Italia è stata condannata per un pericolo per la salute in relazione a un’acciaieria.
Le quattro nuove sentenze riguardano diverse denunce di lavoratori presentate tra il 2016 e il 2019, nonché denunce di oltre 200 persone residenti a Taranto o in città limitrofe.
L’opera dell’Ilva (oggi Acciaierie d’Italia) nel sud Italia è da tempo il più grande produttore di acciaio d’Europa. L’aumento dei decessi per cancro nell’area è stato attribuito all’emissione di tossine vegetali. Nel 2012 l’Autorità Giudiziaria di Taranto ha disposto il lockdown delle aree limitrofe.
L’alto rischio di disastri ambientali è anche una preoccupazione delle istituzioni dell’Unione europea. Nel 2013 la Commissione Europea ha avviato una procedura di violazione per la mancata attuazione da parte dell’Italia della normativa ambientale dell’UE.
Nel caso dell’Ilva, le autorità nazionali si sono trovate in conflitto perché hanno dovuto scegliere tra tagliare risorse strategiche, mantenere posti di lavoro e proteggere l’ambiente.
Nonostante siano state corrette alcune omissioni, “le autorità italiane non hanno fornito informazioni precise sulla concreta attuazione del piano ambientale, che sarà un elemento importante per garantire che le attività delle acciaierie non continuino a rappresentare un rischio per la salute”, secondo il Corte di Strasburgo in una recente sentenza di giovedì (5 maggio).