Andreotti è stato uno dei pilastri della politica italiana del dopoguerra. Aveva avuto recenti problemi di salute e aveva trascorso diversi giorni in ospedale lo scorso agosto a causa di un’aritmia cardiaca, ha detto l’AFP.
Il defunto, che alcuni chiamavano Divo Giulio, fu più volte primo ministro, fu anche ministro degli Esteri e ministro degli Interni.
È un simbolo politico dell’Italia del dopoguerra
Andreotti è considerato il politico più scaltro e forse più capace della storia italiana, l’unico che conobbe fin dall’inizio gli angoli segreti della giungla politica romana. I suoi presunti legami con la mafia, per i quali fu anche processato, gli valsero molti soprannomi come Divino, Belzebù o Principe delle tenebre. Andreotti, che ha gestito abilmente la politica italiana dietro le quinte, è sopravvissuto indenne a 27 inchieste parlamentari nel 1993 su scandali finanziari e casi di corruzione.
Durante i suoi anni di lavoro, Andreotti presenziò a tutti i momenti più importanti della Repubblica Italiana. Dal referendum sull’abolizione della monarchia, alle elezioni del 1948 che segnarono la fine delle ambizioni comuniste nel Paese, al miracolo economico italiano e a eventi tragici come il rapimento del primo ministro Aldo Moro.
Dal 1954 ha ricoperto due dozzine di incarichi ministeriali, soprattutto quelli importanti: interni, difesa, finanze e affari esteri. Ha guidato il governo per la prima volta nel febbraio 1972, il suo ultimo mandato è durato dal luglio 1989 al giugno 1992. In quell’anno è stato nominato senatore a vita.
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