Il climber Alavs, di nuovo sul podio, affascinato dalla gara italiana che lo aveva legato alla gloria nel 2015 e nel 2022 e trascinato dal dolore di due ritiri.
EAmore e odio, gloria e miseria si abbracciano nell’Italia di Mikel Landa, dove la gente di Alava sa che sapore hanno champagne e fiele. Landa ha rifiutato di sventolare bandiera bianca. Quella spinta, la fiducia in se stesso, lo ha riportato sul podio del Giro sette anni dopo. Prima di lasciare Budapest, Landa ha calcolato che “se tutto va bene, so di essere in vantaggio. Mi sento ancora bene per questo Giro e, dopo la caduta dell’anno scorso, ho una nuova opportunità, mi sento molto bene”. Aveva ragione Murgia con la sua previsione. Terzo dopo Hindley e Carapaz. Landa non era propenso a gioire del dolore. Il ricordo di quest’uomo di Alava non era distorto nella scena che gli ricordava di essere a terra, addolorato, sopraffatto da sventura e la perdita dell’anno scorso a Cattolica.Si alzò in piedi per tornare.
“Non ho più paura di cadere perché sto cadendo. Non ho quella paura, anche se in questo momento lo sei”, ammette Landa. Il ciclista di Alava si è reso conto che Giro non poteva fare a meno di farne una calamita nonostante lo avesse morso ferocemente. Il murgiano ha partecipato sette volte rosa corso. Nella sua biografia in Italia compaiono bei giorni di conquista e giorni di tribolazione, ansia, abbandono e caduta. Il legame di Landa con il Giro risale al 2014, ma è stata di per sé un’esperienza straniera. Troppo giovane, ancora inconsapevole della storia che stava per scrivere. Landa e Giro si sono abbracciati appassionatamente nel 2015. Quello è stato l’inizio.
2015: Podio e due palchi
Allegro Landa nel 2015 è stato il ragazzo che piangeva per gli ordini della squadra mentre volava libero e saliva sul podio dopo aver cucito i pettorali delle due tenaci tappe dell’Aprica e di Madonna a Campiglio. I chilometri 0 di Landa poggiano sul Giro, dove si aggrappa al manubrio per portarlo. Divertimento e divertimento come regole per intendere il ciclismo. Era la Landa più pura. Yang risponde al suo istinto, interpretando il ciclismo come un atto che pretende di essere giocoso. “Non ero completamente a conoscenza di quello che stavo facendo in quei giorni nel 2015. Il mio obiettivo è aiutare Aru e provare a vincere una tappa. Da lì a quello che è venuto fuori, non potevo nemmeno immaginare”, ha detto Landa dell’esperienza. “Era il latte, fantastico, ma mi è venuto in mente così e non mi importava nemmeno. L’ho fatto funzionare, mi sono divertito e basta”. Le sue mostre la mettono in una vetrina di alta gioielleria. Lo voleva la monarchia del cielo. Immaginavano Landa al potere in Italia. Si dà il caso che l’Italia sia una repubblica.
2016: Problemi intestinali
Landa è il ciclista che da molti viene indicato come la figura emersa dal Giro. Ma il caso, giocosamente, gli aveva fornito una rinuncia. Il nativo di Alava ha dovuto abbandonare la gara a causa di un problema intestinale, la sua immagine iconica accompagnata dalla sconfitta dei compagni di squadra. “Sono tornato a casa con problemi digestivi”, ricorda la prima volta che il Giro gli ha fischiato. Mostra il lato oscuro della Luna che brilla nel 2015. Il Giro, la corsa che ama e ama, lo manda sulla tela anche un anno dopo.
2017: Autunno e una settimana in fuga
Landa vuole affrontare la sfida Blockhaus, ma una moto da corsa lo fa cadere. Sull’asfalto si è concluso il sogno di tornare sul podio. Landa ribalta la sventura e persegue ossessivamente la vittoria della redenzione. Ha trovato sollievo nella vittoria di tappa. La sua memoria enfatizzava la parte confortante. “L’ultima settimana l’ho passata a riposo. Il giro lo ricordo di più. Sono partito sperando di lottare per il generale e sono caduto, ma sono riuscito a ribaltare la situazione e salire sul palco. Il primo giorno ci ho provato e boom, il secondo, l’altro giorno, il terzo… Ci vogliono alcuni giorni per vincere. Quando ottieni qualcosa dopo aver combattuto così tanto, lottando per ottenerlo, volendolo, ti diverti di più. E quel ricordo è quello che mi rimane che Giro”, analizzandone uno della Murgia.
2019: Carapaz e 4° posto
Le due sensazioni di distruzione e riscatto coesistevano in Landa quando calpestò l’Italia. Si sentiva a casa, ma sentiva anche la sua vulnerabilità. È tornato nel 2019 con l’idea di ripetere la festa del 2015. Sta guardando in alto. Accadde così che Carapaz, con il quale condivideva un mandato alla Movistar, riuscì a batterlo. L’ecuadoriano ha vinto il Giro. Landa lavora per lui. “Carapaz è migliore e devo sostenerlo. Ed è il migliore”. Landa non ha avuto nemmeno la consolazione di una vittoria parziale. Pello Bilbao, ora suo compagno di squadra in Bahrain, lo ha battuto a Monte Avena. “Ho quasi vinto, ma Pello ha vinto quella tappa al Monte Avene ed ero a 8 secondi dal podio”. In viaggio verso l’Arena di Verona, in chiusura, era in agguato al quarto posto.
2021: cadere ed essere abbandonato
La scena finale di Landa al Giro, prima della sublimazione di questa questione, ha provocato grida di dolore sull’asfalto di Cattolica. Dopo aver suscitato entusiasmo il giorno prima, il murgiano ha lasciato la gara con una colonna sonora delle sirene delle ambulanze che ha aperto l’aria della corsa italiana. Il miglior approdo, che volò a Sestola, fu distrutto a quattro chilometri da Cattolica. Nessuna pietà per lui. Si è rotto in una brutta caduta. Danneggiato. Landa ha dovuto lasciare il Giro d’Italia in ambulanza con una clavicola rotta e quattro costole. Yang della Murgia non sopporta, un ciclista dove convivono sorrisi di giorni felici e sorrisi di amarezza. lui